“Firmato Diaz”, il Bollettino della vittoria

“Firmato Diaz” c’era scritto sul manifesto del “Bollettino della vittoria” nella Grande Guerra, che fu affisso in tutta Italia dopo il 4 novembre 1918. Allora, circa il 40 per cento dei sudditi di Vittorio Emanuele III non poterono leggerlo perché analfabeti, e dovettero farselo raccontare.


Alcuni sempliciotti dedussero che Firmato fosse il nome del generale artefice della vittoria – il quale invece, da buon militare, si chiamava Armando – e vollero battezzare con quel nome il proprio bambino.
Tornata la pace, una gran parte degli italiani ridotti in miseria – tra i quali milioni di ex combattenti, mutilati e invalidi di guerra, vedove e orfani di caduti – cominciarono a domandarsi che cosa l’Italia avesse vinto, al prezzo di 650.000 morti e di immani sacrifici. I veri vincitori apparivano i cosiddetti “pescecani”, che si erano arricchiti vendendo a caro prezzo armi e forniture belliche allo Stato. All’opposto, per tanti “eroici soldati” che avevano sconfitto il nemico sul campo, l’unica possibilità offerta dalla Patria era l’emigrazione dalla Patria.
Così, i nostri governanti si misero a parlare di “vittoria mutilata”, accusando gli alleati di averci lasciato come bottino di guerra solo territori poveri e devastati. E per nobilitare quella “inutile strage” – che il Re Soldato aveva preferito a un possibile accordo di neutralità con l’Austria in cambio Trento e Trieste – disseminarono l’Italia di monumenti ai “gloriosi caduti”.
Ma il malcontento popolare sfociò in scioperi e disordini, che spinsero per paura lo stesso “piccolo re” a garantirsi la corona consegnando il potere alla dittatura fascista. La quale, poi, avrebbe cercato la rivincita della “vittoria mutilata” in un’altra guerra, contro gli alleati del 1915-18, fino al disastro… Firmato Mussolini.

Nicola Bruni

Nella foto in alto, un soldato italiano ferito in combattimento nella Grande Guerra, soccorso da due commilitoni.

Nella seconda foto, la frase conclusiva del Bollettino della Vittoria, incisa su una lapide.

Il Bollettino della Vittoria del 4 novembre 1918 in formato diploma
(dall’archivio storico di Pino Marulli).