Ah, il buon tempo antico di quando frequentavo la scuola elementare! Ci andavo da solo e tornavo a casa da solo, a Roma, fin dall’età di otto anni. Con il grembiulino blu, il colletto inamidato e il fiocco bianco. A cavallo tra gli anni ’40 e ’50 del secolo scorso
Allora la nostra vita di bambini era scandita dai proverbi, celebrati dai maestri come “la saggezza dei popoli”.
Il mio diario scolastico ne scodellava uno in ogni pagina, e io, che aspiravo ad essere una persona saggia, cercavo diligentemente di impararne l’arte e di metterla da parte.
Fu così che mi abituai a dormire poco la notte, perché chi dorme non piglia pesci, ad alzarmi all’alba, perché il mattino ha l’oro in bocca, e a fare i compiti alla svelta, perché il tempo è denaro.
Purtroppo, però, in quegli anni non mi riuscì di prendere né pesci né oro né denaro.
In compenso potevo scegliere se mangiare ’sta minestra o saltare dalla finestra.
Per andare a scuola, che distava 200 metri da casa mia, camminavo lemme lemme, anche a costo di arrivare in ritardo, perché chi va piano va sano e va lontano.
Per recarmi all’oratorio, facevo sempre il solito giro, perché chi lascia la strada vecchia per la nuova sa cosa lascia ma non sa cosa trova.
E non mi ammazzavo per lo studio, perché è meglio un asino vivo che un dottore morto.
Insomma, stavo rischiando di diventare un somarello conservatore e posapiano.
Poi, per mia fortuna, trovai un amico che era un tesoro. Il quale mi insegnò a criticare e correggere i proverbi sbagliati.
Cane che abbaia non morde?
Meglio non fidarsi: cane che abbaia non dorme… e non fa dormire.
Chi va con lo zoppo impara a zoppicare?
Ma no! Chi va con lo zoppo lo aiuta a camminare.
Chi dice donna dice danno?
Al contrario: chi dice donna dice dono… d’amore.
Moglie e buoi dei paesi tuoi?
Una “cow-boiata” bestiale! Da umanizzare: moglie e figli dei sogni tuoi… più belli.
Nicola Bruni