Il mio più antico ricordo di Karol Wojtyla risale al 1964, quando, giovanissimo, visitai Cracovia, di cui il futuro “San Giovanni Paolo II” era da due anni arcivescovo: un professore polacco me ne parlò con ammirazione definendolo “un maestro”.
La sera del 16 ottobre 1978, lo vidi per la prima volta di persona e a breve distanza, appena eletto papa, mentre si affacciava alla loggia della Basilica di San Pietro. Allora fui colpito da un suo gesto che mi parve inusuale: allargò e braccia e si strinse simbolicamente al petto la folla dei fedeli.
Abituati a un papa italiano, gli italiani ne rimasero subito affascinati, riconoscendo in lui non un “papa straniero” ma il “Santo Padre” della Chiesa cattolica, in cui nessun uomo è “straniero”. Questo, infatti, è stato uno dei temi dominanti del suo insegnamento.
Giovanni Paolo II ha proclamato la dignità e i “diritti inviolabili” di ogni persona fin dal suo concepimento, i diritti e la pari dignità dei popoli, l’unità della famiglia umana nel progetto del Creatore, l’universalità della promessa di salvezza portata agli uomini sulla Terra da Cristo Redentore.
Fino all’ultimo ha richiamato i comandamenti cristiani dell’amore, del perdono, della solidarietà, della giustizia, della pace, proponendo a tutti, specialmente ai giovani, la strada in salita delle “beatitudini” annunciate da Gesù: “Beati i misericordiosi… Beati i puri di cuore… Beati gli operatori di pace… Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il Regno dei cieli”.
Nel messaggio per la Giornata mondiale della pace 2005, Papa Wojtyla ha rilanciato l’esortazione di San Paolo “Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male”, citando un esempio suggerito dallo stesso apostolo: “Se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere”.
Altre sue importanti indicazioni pedagogiche sono rivolte da un lato alla “purificazione della memoria storica”, con l’ammissione delle colpe della Chiesa e la richiesta di perdono nell’impegno di conversione, dall’altro al riconoscimento della santità di numerosi “testimoni della fede”, uomini e donne anche del nostro tempo, da innalzare come modelli di vita.
Ma l’aspetto educativo di maggiore rilievo mondiale del magistero di Giovanni Paolo II discende dall’applicazione di un principio affermato dal Concilio: la Chiesa non rigetta “nulla di quanto è vero e santo” nelle altre religioni e le considera “con sincero rispetto”.
Di qui, l’impulso dato al dialogo ecumenico e a quello interreligioso, le prime visite ufficiali di un capo della Chiesa cattolica ad una sinagoga e ad una moschea, la rivalutazione degli ebrei come “fratelli maggiori dei cristiani”, i tre incontri di preghiera per la pace fra i leader delle principali religioni del mondo convocati ad Assisi.
Di qui, la netta opposizione di questo papa alle guerre anglo-americane dell’Afghanistan e dell’Irak, che ha prodotto il “miracolo” di non farle apparire come atti di aggressione del mondo cristiano contro il mondo musulmano.
Nicola Bruni