La tragedia delle foibe in cui furono gettati migliaia di italiani rievocata ogni anno il 10 febbraio,”Giorno del ricordo”.
C’eravamo tanto odiati, tra italiani e iugoslavi sloveno-croati. I rapporti tra i due popoli nel secolo scorso erano stati avvelenati, da entrambe le parti, con vessazioni, persecuzioni, violenze, massacri di innocenti, politiche di “snazionalizzazione”, “bonifiche etniche”, deportazioni, esodi forzati in massa.
I picchi contrapposti della ferocia xenofoba erano stati toccati, rispettivamente, dal regime fascista di occupazione italiana della Slovenia tra il 1941 e il 1943, e dai partigiani comunisti iugoslavi con le stragi terroristiche delle foibe (e non solo) in Istria tra il 1943 e il 1947, che provocarono la fuga di 350mila italiani dai territori della Venezia Giulia e della Dalmazia, poi annessi alla Iugoslavia in base al Trattato di pace di Parigi del 10 febbraio 1947.
Il triste anniversario di quel “Diktat” – che segnò la punizione dell’Italia sconfitta per aver partecipato alla guerra mondiale di Hitler – è stato assunto, da una legge del 2004, come “Giorno del ricordo” del martirio nelle foibe e della cacciata dalle loro terre dei giuliani, fiumani e dalmati di lingua italiana. Terre (comprendenti le antiche città di Capodistria, Pola, Fiume e Zara) che per secoli erano state popolate in maggioranza da italofoni ma con radicate presenze di comunità slovene e croate, specialmente nelle campagne.
La tragedia delle foibe, profonde cavità carsiche in cui furono gettati e fatti sparire migliaia di italiani dell’Istria, è stata dolorosamente rievocata dallo scrittore friulano Carlo Sgorlon nel romanzo “La foiba grande” (1992).
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella l’ha giustamente definita “una sciagura nazionale”.
Per grazia di Dio, ad un certo punto la storia ha cominciato a voltare pagina verso la riconciliazione e gli accordi di pace: dal 1975 (Trattato di Osimo) con la Iugoslavia comunista, dal 1991 con le repubbliche indipendenti e democratiche di Slovenia e di Croazia.
Nel 2004 la Slovenia, con il consenso dell’Italia, è stata accolta nella Nato e nell’Unione europea, e nel 2007 ha adottato come moneta l’euro. La Croazia nel 2009 è entrata nella Nato e dal 1° luglio del 2013 è diventata il 28° membro dell’Ue.
Così, abbattuti i muri della diffidenza e aperte le frontiere, oggi italiani, sloveni e croati si comportano da buoni vicini di casa, con reciproco vantaggio, come dimostrerebbe anche lo straordinario sviluppo economico realizzato dal nostro Triveneto negli ultimi decenni.
Il 13 luglio 2020, il Capo dello Stato della Repubblica Slovena, Borut Pahor, e il Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, hanno reso omaggio per la prima volta insieme, tenendosi per mano, alle vittime italiane della foiba di Basovizza e ai quattro giovani sloveni fucilati a Trieste nel 1930 dai fascisti. Nel segno di una storica riconciliazione.
Nicola Bruni
Nella foto, la linea di confine tra Italia e Slovenia in Piazza Transalpina a Gorizia, dove tra il 1947 e il 2004 era stato eretto un muro che divideva la città separando l’italiana Gorizia dalla slovena Nona Gorica. Il 18 dicembre 2020, queste due città sorelle sono state scelte insieme dall’UE come Capitale europea della cultura per il 2025.