Come fece Dante a scrivere la Divina Commedia

S’ingegnò con penna d’oca e calamaio.

Come fece Dante a scrivere “La Divina Commedia” quando non c’era il computer? S’ingegnò usando una penna d’oca, un coltellino per affilarne la punta, l’inchiostro di un calamaio e tanti fogli di carta o pergamena. 
Intorno a sé aveva molti libri da consultare, “codici” (rilegati) e “volumi” (rotoli), tutti scritti a mano e perlopiù in latino. 

A riprodurre l’opera provvedevano i copisti. Nessun testo autografo del Sommo Poeta è giunto fino a noi, ma si ipotizza che adottasse la grafia corsiva detta “cancelleresca bastarda”, senza la punteggiatura che è stata aggiunta nelle edizioni a stampa.

Lo strumento della “penna d’oca” poteva anche provenire da altri volatili, come il cigno, l’airone, il pellicano bianco.
Di solito, il suo fusto – diversamente da molte raffigurazioni pittoriche – era spogliato delle piume salvo un pennacchio, sgrassato con immersione in sabbia calda o cenere, e tagliato sul “becco”, la parte da inchiostrare. 

Per asciugare più rapidamente l’inchiostro sul foglio, lo si cospargeva con un pizzico di finissimi granelli di sabbia, che poi si spazzolavano con un pennello. 
Ecco perché, ancora oggi, nelle sale di consultazione di archivi o biblioteche che conservino antichi manoscritti, i ricercatori, terminato il lavoro, possono trovare sul tavolo una notevole quantità di granelli refrattari caduti dai fascicoli. 
Non è la “polvere del tempo” ma il “polverino” d’epoca degli scrivani asciugatori, che non conoscevano la carta assorbente.

Nicola Bruni

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Foto di Nicola Bruni: dopo 7 secoli Dante incontra Beatrice a Firenze davanti alla Galleria degli Uffizi e le dichiara il suo amore.