La sconfitta del nazismo tedesco, del fascismo italiano e dell’imperialismo nipponico, e la liberazione dei popoli già sottoposti al loro dominio, campeggiano sul lato visibile delle medaglie esibite dalle potenze vincitrici della Seconda guerra mondiale, nelle celebrazioni per il 77° anniversario della sua conclusione.
Ma ci sono molti “rovesci” di quelle medaglie, tenuti nascosti nella retorica delle cerimonie, che raccontano di gravi misfatti e “crimini contro l’umanità”, dei quali i vincitori non si piegano a chiedere perdono. L’elenco sarebbe lunghissimo. Posso qui citarne solo alcuni.
All’inizio del conflitto, l’Unione Sovietica di Stalin fu complice della Germania di Hitler nell’occupazione e spartizione a metà della Polonia (concordate nel Patto Molotov-Ribbentrop del 23 agosto 1939) e nel genocidio della classe dirigente di quel Paese, con fucilazioni in massa degli ufficiali polacchi prigionieri.
Poi, s’impadronì della Lituania, della Lettonia, dell’Estonia, della Carelia finlandese e della Bessarabia rumena (l’attuale Moldova), applicando altre clausole di quel patto scellerato.
Solo il 22 giugno 1941 (660 giorni dopo l’aggressione nazista alla Polonia), quando le truppe tedesche invasero a tradimento il territorio dell’Urss, Stalin passò dalla condizione di alleato a quella di nemico di Hitler.
Da allora, un numero enorme di militari e civili dell’impero sovietico – la stima più accreditata è di 27 milioni – persero la vita nella lotta per “liberare l’Europa dal nazifascismo” (e imporvi il comunismo). Ma circa un milione di soldati dell’Armata Rossa sarebbero stati fucilati dai loro commilitoni, tra il 1941 e il 1945, per aver messo in discussione gli ordini di Stalin.
Un risvolto orrendo ha anche la medaglia di vincitore della guerra contro il Giappone del presidente americano Truman: quello dello sterminio terroristico delle popolazioni inermi di Hiroshima e Nagasaki (almeno 340mila vittime) con le bombe atomiche del 6 e 9 agosto 1945.
Il terrorismo di massa del bombardamento aereo di centri abitati fu applicato su larga scala dagli Alleati, con 570mila morti in Germania e 70mila in Italia. Io stesso, che all’epoca avevo quasi due anni, mi considero un sopravvissuto al terrificante bombardamento americano di Roma del 19 luglio 1943.
In alcune regioni italiane, la “liberazione” portata dagli Alleati fu “un inferno” di violenze: come in Ciociaria, dove le truppe franco-marocchine si scatenarono nello stupro sistematico delle donne di ogni fascia di età.
E dopo la vittoria, in Germania, quasi un milione di prigionieri tedeschi su un totale di 5 milioni (tra i quali anche bambini, donne e vecchi) furono lasciati morire di fame, di freddo e di malattie non curate in “campi di morte lenta” simili a quelli nazisti, gestiti da americani e francesi.
Con ciò, voglio dire che il Male, in quella maledetta guerra, non stava da una parte sola.
Nicola Bruni
Nella foto di Nicola Bruni: Breslavia, monumento commemorativo del martirio della Polonia nella Seconda guerra mondiale.