Il terzo viaggio internazionale in autostop che affrontai nell’agosto del 1961, a 19 anni, in compagnia del mio amico Nino Criscenti, merita ulteriori narrazioni. Ho già raccontato del soggiorno di tre settimane a Londra e del “trip” con il pollice alzato nell’isola britannica, a cui seguì un percorso di ritorno verso Roma attraverso la Francia e l’Italia.
Partiti da Londra, puntammo in direzione del Distretto dei Laghi, per andare a trovare la mia “penfriend” inglese Diane Ross, con la quale ero in corrispondenza da cinque anni su indicazione di una professoressa del ginnasio. Lei era in vacanza con la famiglia in un “caravan park” (campeggio per roulotte) nei pressi del lago Windermere. Riuscimmo ad arrivarci nel pomeriggio e ad incontrarla, dopo aver preso alloggio nel Youth Hostel di Stone Cross.
Diane non era bella, come mi aspettavo avendola già vista in fotografia, ma gioviale e simpatica. Ci presentò i genitori, ci mostrò il “swimmig pool” (piscina all’aperto) nel quale si tuffava da un trampolino, e dopo averci offerto un “dinner” nella roulotte organizzò, con le sue amiche e i suoi amici, una serata musicale alla chitarra in nostro onore, innaffiata da boccali di birra. Infine, ci accompagnò in macchina all’ostello, dove ci baciammo all’italiana su tutte e due le guance.
L’indomani, prendemmo un primo passaggio in direzione di Edimburgo sul cassone aperto di un camion. Poi, mentre si era abbassata la temperatura e cadeva una pioggerellina, dovemmo aspettare un bel po’, fino a quando si fermò una macchina con due belle ragazze che ci sembrarono due fate. Ci accolsero sorridenti, ci offrirono dei biscotti e, alla classica domanda “Are you English?” (Siete inglesi?), risposero sdegnosamente: “Oh, no! We are Scottish” (Siamo scozzesi).
Nel viaggio di ritorno verso sud, in direzione del porto di Dover, Nino e io ci separammo, perché l’autista di un furgoncino aveva un solo posto, e io lasciai salire il mio amico. Ma quando ci ritrovammo, nei pressi del traghetto che ci avrebbe fatto attraversare la Manica, Nino mi raccontò della brutta avventura che gli era capitata: il suo accompagnatore del furgoncino era un “fr…” (a quel tempo gli omosessuali si chiamavano così) e aveva allungato una mano per toccarlo all’inguine; allora lui si era messo a strillare e a respingerlo, costringendolo a fermarsi e a farlo scendere.
Arrivati in Italia, Nino si staccò da me per raggiungere la sua fidanzata sulla riviera adriatica, e io proseguii per tornare a Roma.
L’ultimo passaggio, da Firenze fino al portone di casa, me lo offrì un giovane insegnante di educazione fisica, fiorentino, che si chiamava Franco. Conversammo a lungo, fino a che lui mi confidò il suo dramma sentimentale: era fidanzato da tre anni con una ragazza che non amava più, ma lei era follemente innamorata e non voleva staccarsi da lui, al punto da dichiararsi disposta a condividerlo con un’altra donna. La cosa strana è che Franco chiedeva consiglio su che cosa fare a me: a me che avevo dieci anni meno di lui e non ero mai stato fidanzato!
Nicola Bruni
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Nella foto, dell’agosto 1961, sono da autostoppista a Roanne in Francia, su una sponda del fiume Rodano.