Mi soffermo a contemplare la straordinaria bellezza di questo fiore selvatico, nel parco romano della Caffarella. Un fiore irto di spine, dalla struttura complessa, che nessuno ha piantato o ha seminato, ma che è stato concepito misteriosamente da Dio, creatore dell’universo.
La freschezza e la tensione dei suoi pistilli e delle sue foglie sembrano esprimere l’energia vitale di una vegetazione giovane, spontanea, che cresce e si espande in primavera.
Il suo colore, di un rosa tendente al viola, mi ricorda quello dei paramenti liturgici della Domenica “Gaudete” (Rallegratevi nel Signore), la terza del tempo di Avvento che prelude al Natale di Gesù.
L’aggettivo del suo nome richiama una leggenda riferita alla Madonna: Maria avrebbe sostato presso questa pianta durante la fuga in Egitto e, mentre allattava il divino Bambinello, avrebbe lasciato cadere una goccia del suo latte sulle foglie del cardo, che si sarebbero perciò striate di bianco.
Il Cardo Mariano è anche una pianta medicinale, e le sue foglie sono commestibili.
Io mi domando perché un tale fiore abbia tante spine.
Forse il Creatore gliele ha fornite come strumento di difesa, per dissuadérci dal coglierlo troncandone lo stelo. O forse per proporcelo come simbolo di una bellezza gratuita di cui godere e gioire pur tra le “spine”, le tribolazioni della vita.
Nicola Bruni