“Che cosa gli abbiamo fatto, ai russi, per trattarci così?”, domandava piangendo in tv un’anziana donna davanti alle macerie della sua casa distrutta. L’orrore di una guerra scatenata a freddo contro l’Ucraina dal capo assoluto di una grande potenza nucleare, è oggi – grazie ai moderni mezzi di comunicazione – sotto gli occhi di tutti.
Con i loro missili, gli invasori non si sono limitati a mettere fuori uso molte strutture militari e civili del Paese: hanno sventrato anche palazzi di abitazione; hanno colpito scuole, asili nido, ospedali, chiese, perfino una centrale atomica; stanno terrorizzando milioni di persone, costringendole a rintanarsi in rifugi sotterranei o a cercare salvezza nella fuga all’estero; hanno ucciso già migliaia di civili e centinaia di bambini; stanno infliggendo ulteriori sofferenze agli ammalati e ai feriti, che non possono essere curati.
Io mi meraviglio della faccia di bronzo con cui si presentano, di fronte all’opinione pubblica mondiale, il capo del Cremlino Vladimir Putin e il suo ministro degli Esteri Sergej Lavrov, dopo le plateali menzogne proferite fino al giorno prima di dare via libera ai carri armati. Hanno perso ogni credibilità.
Per settimane hanno finto di trattare un accordo con il presidente francese e con il cancelliere tedesco e smentito categoricamente di avere intenzioni belliche, mentre ammassavano armi e truppe alle frontiere dell’Ucraina per una guerra pianificata da lungo tempo. Accusavano di isteria terroristica chi, sulla base di informazioni dei servizi segreti occidentali, denunciava le loro intenzioni aggressive.
Si temeva che i governanti di Mosca prendessero a pretesto una provocazione militare attribuita alla controparte, per dare corso all’invasione. Non c’è stata neanche quella. Hanno messo in moto una guerra del tutto ingiustificata, vergognandosi e proibendo nel loro Paese di chiamarla tale. E hanno mandato a morire senza sapere il perché migliaia di giovani russi in uniforme che credevano di partecipare a “esercitazioni di routine”.
Eppure, nei nostri “social media” sono scesi in campo molti “soldatini” italiani di Putin – nostalgici del Duce, nostalgici dell’Unione Sovietica, antieuropeisti, antiamericani viscerali, populisti complottisti – per ingaggiare una guerriglia di controinformazione volta a giustificare l’aggressione della Russia ad un “popolo fratello”, con motivazioni secondo cui allo stesso modo si sarebbero comportate le potenze occidentali in altre circostanze storiche. Che i russi radano al suolo gran parte dell’Ucraina, allo scopo di impadronirsene, compiendo un’enorme strage di innocenti, a loro non pone problemi di coscienza. Sembra che a loro interessi soltanto “pareggiare” con i crimini dell’Occidente.
In questo cupo scenario, suscita ammirazione la compattezza, la fierezza e il coraggio mostrati dal popolo ucraino, che non vuole rinunciare alla sua indipendenza ed è pronto a combattere con armi impari contro l’invasore, memore delle sconfitte subite dalle armate sovietiche e da quelle americane in Afghanistan. E conforta la grande solidarietà che si è messa in moto negli altri Paesi europei per dare accoglienza a milioni di profughi dalla guerra e sostenere la Resistenza degli ucraini in patria.
Ricordo, infine, che la Costituzione italiana “rifiuta la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” (art. 11), ma non la guerra di difesa (come fu la nostra Resistenza contro l’invasore nel 1943/45), poiché aggiunge che “la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino” (art. 52). Difendere la propria patria è un dovere anche per gli ucraini.
Nicola Bruni