Questa foto mi ritrae a giugno del 1959, quando avevo proprio 17 anni (cioè non 16 bis, come dicono certi superstiziosi), con un “pacco” di capelli sulla testa, secondo un taglio allora di moda per chi se lo potesse permettere. Indossavo un completo estivo marrone scuro e una cravatta, che a quei tempi era elemento distintivo di un “giovanotto” degno di rispetto.
Da studente del liceo classico Augusto di Roma, sostavo nel cortile dell’istituto in attesa che uscissero i quadri degli scrutini finali. Ero attorniato da quattro belle ragazze – Marica, Anna, Loriana e Marina – che non erano mie spasimanti, ma impegnate redattrici del giornale studentesco Augustus di cui ero il direttore. Nell’anno scolastico 1958/59 avevamo pubblicato sei numeri di una rivistina che riusciva a vendere tra le 800 e le 900 copie a 40 lire l’una.
Ero contento per almeno tre motivi: mi trovavo in gradevole compagnia, sapevo già che sarei stato promosso all’ultima classe, e mi autocongratulavo per aver trascorso un anno scolastico abbastanza piacevole “in molte faccende affaccendato”, senza essermi dovuto “ammazzare per lo studio”.
All’Augusto, che aveva circa 1500 alunni, con doppio turno nella vecchia sede di Via Tuscolana e una succursale femminile in Via Appia, mi conoscevano quasi tutti, perché, come direttore dell’Augustus e presidente del comitato studentesco fin dall’ottobre 1957, ero il perno di molte attività: riunioni e assemblee pomeridiane, redazione stampa e diffusione del giornale, feste da ballo, gite extrascolastiche, preparazione ed esecuzione di uno spettacolo per Carnevale, scioperi e cortei di protesta per le vie del centro.
Riuscivo, comunque, a mantenere un livello di profitto discreto in tutte le materie, sia perché mi ero formato delle buone basi tra scuola media e ginnasio, sia perché non mancavo mai alle lezioni e stavo attento in classe. Facevo i compiti per lo più di notte (mi bastava dormire poco) e ripassavo la mattina presto. Alcuni compagni venivano a confrontare le loro versioni di latino e di greco con le mie, per correggere eventuali errori.
Frequentavo molte ragazze, dal momento che partecipavo spesso a feste da ballo in case private o in locali pubblici, ma non ho avuto mai una fidanzatina temporanea, perché ero alla ricerca di un grande amore per tutta la vita.
Non riuscivo a trovare il mio tipo o, quando credevo di averlo trovato, non scorgevo nella controparte una “corrispondenza d’amorosi sensi”. Inoltre, la timidezza e la prudenza mi trattenevano dal dichiararmi a qualche ragazza che mi piacesse, e aspettavo invano che fosse lei a farlo.
La mattina, durante il tragitto a piedi per andare da casa all’Augusto, incrociavo in Via Etruria una studentessa molto graziosa diretta al magistrale Margherita di Savoia. Ne ero affascinato.
Un giorno mi capitò di fare la sua conoscenza in una delle tante feste alle quali venivo invitato. Ahimé, conversando con lei e sentendola parlare, ne fui deluso, perché mi parve una persona frivola e di scarsa consistenza intellettiva.
Un’altra volta presi una cotta per una fanciulla “augustea” di 15 anni con un sorriso dolcissimo, dopo che avevamo ballato guancia a guancia in casa di comuni amici. Mi ero illuso, dai suoi sguardi, che lei si fosse innamorata di me, ma passati pochi giorni scoprii che aveva già il cuore impegnato con uno studente universitario. Ne rimasi fortemente scottato. Poi i molti impegni che avevo mi fecero passare la scottatura.
Mi ero quasi convinto di essere “sfortunato in amore”, e solo dopo molti anni scoprii che quell’apparente “sfortuna” rientrava in un disegno della Divina Provvidenza affinché io aspettassi di poter incontrare nel 1973 Elina, la donna meravigliosa che sarebbe stata la mia sposa e il mio grande amore per sempre.
Nicola Bruni