17 aprile 1944 – La deportazione nazista del Quadraro

Nell’aprile del 1994 ero insegnante di Lettere nella scuola media Quinto Ennio di Roma. Ricorreva il cinquantesimo anniversario della deportazione in Germania di circa 750 abitanti maschi dai 16 ai 55 anni della borgata del Quadraro, e io ne parlai ai miei alunni della II B, che appunto abitavano in quella zona, rastrellata dai nazisti all’alba del 17 aprile del 1944. 

Mostrai loro una pagina del quotidiano Paese Sera che rievocava quel drammatico evento. I ragazzi e le ragazze furono molto impressionati dal racconto. Due di loro, Alessia Piscaglia e Laura Monteporzi, si ricordarono che anche i rispettivi nonni erano stati catturati dai tedeschi. “Perché non gli fate un’intervista – dissi io – da pubblicare nel giornalino di classe?”. 

Poi dalle interviste si passò all’inchiesta. I quattordici alunni-redattori del giornalino scolastico “Bip! Bip!” decisero di interpellare le persone anziane che conoscevano per saperne di più. E scoprirono che le disavventure di guerra capitate ai due nonni s’intrecciavano con quella vicenda. 

Simone Di Giulio e Davide Fallani riuscirono a scovare un testimone del rastrellamento nazista del 1944: il sessantenne Aleandro Corsi, che all’epoca aveva 10 anni e fu svegliato di notte da soldati tedeschi armati di mitra. 

“Portarono via con un camion – riferì – mio padre, mio zio e due miei cugini. Li vedemmo tornare più di un anno dopo, malridotti, dai campi di concentramento della Germania, dove avevano dovuto lavorare come schiavi. Ma 31 loro compagni, deportati dal Quadraro, non tornarono più: erano morti”.

Questa, la testimonianza di Adolfo Piscaglia, nonno di Alessia, che nel 1944 aveva 40 anni: “I tedeschi bussarono a casa mia verso le cinque del mattino. Mia nonna per la paura non aprì, e loro sfondarono la porta. Presero solo me, perché mio padre aveva 63 anni. Prima mi rinchiusero per tre giorni, con altre centinaia di uomini, negli stabilimenti di Cinecittà, trasformati in campo di concentramento. Poi ci portarono nel lager di Fossoli, in Emilia. 
Verso la fine di giugno decisero di trasferirci in Germania. Allora, mentre stavano per farci salire su una colonna di autobus, io riuscii a scappare”.

Il nonno di Laura, Gabriele Manili, sedicenne all’epoca dei fatti, raccontò: “A quel tempo abitavo in una casetta bassa. I soldati delle SS arrivarono di notte e sfondarono la porta. Arrestarono me, mio nonno e mio zio. Poi misero la casa sottosopra e le appiccarono il fuoco, dopo essersi accorti che i miei genitori e i miei quattro fratelli se l’erano squagliata dalla porta di dietro, che dava sull’orto. Più tardi anch’io riuscii a scappare, ma da solo. 
Quando, nell’estate del 1945, tornarono dalla Germania i prigionieri sopravvissuti, mio nonno Michele non c’era. Poi seppi che era stato impiccato dai nazisti insieme con due donne e due uomini, per rappresaglia perché dal suo lager era fuggito un deportato”.

Queste e altre testimonianze raccolte dai ragazzi sull’occupazione tedesca di Roma del 1943/44 furono poi inserite in una ricerca più ampia, intitolata “Il 1945, anno della Liberazione e della Pace raccontato dai nonni”, che la classe III B dell’anno scolastico successivo condusse per partecipare a un concorso indetto dal Ministero della Pubblica Istruzione nel cinquantenario della Liberazione.

Nicola Bruni


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Il disegno, sul rastrellamento nazista del Quadraro davanti alla scuola elementare Damiano Chiesa, è di Gianluca Azzena.

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