Sono rimasto sconcertato nell’assistere in tv alla cerimonia di consacrazione e incoronazione del re Carlo III d’Inghilterra nell’Abbazia di Westminster, come se fosse il capo di un sacro impero cristiano universale e l’Unto del Signore per governare i popoli secondo i principi del Vangelo. Il ritorno a un Medioevo immaginario. Una rappresentazione completamente al di fuori della realtà, per un sovrano con molti privilegi, poteri quasi inesistenti e funzioni meramente rappresentative. Per un re obbligato persino a leggere l’annuale “Discorso della Corona” su dettatura del suo Primo ministro. Per il Capo di una Chiesa di Stato anglicana che ormai governa solo una ristretta minoranza delle anime dei sudditi del suo regno, un paese divenuto multietnico, multireligioso, con un’alta percentuale di non credenti, scristianizzato nei costumi e dove persino i praticanti cattolici (con l’apporto degli immigratI) sono più numerosi di quelli anglicani.
Carlo III ha cercato di aggiornare con qualche pennellata di pluralismo etnico e religioso l’anacronistica cerimonia, in particolare facendo leggere al suo Primo ministro Rishi Sunak, di origini indiane e di religione induista, un’epistola di San Paolo, ma con l’effetto di trasformare in una recita teatrale la proclamazione di una “Parola di Dio” non testimoniata dalla fede.
L’arcivescovo di Canterbury e primate della Chiesa d’Inghilterra Justin Welby (di nomina regia), che ha consacrato e incoronato il re, si è comportato da chierichetto del sovrano, finendo con l’inginocchiarsi davanti a lui. Ha pronunciato delle belle parole nella sua omelia, dicendo tra l’altro che “Gesù mette da parte tutti i privilegi” e che “il trono di Gesù è la croce”: peccato che fossero in stridente contrasto con i tanti privilegi e le ricchezze personali di questo “Unto del Signore” e con i 2868 diamanti della sua corona, che non conteneva spine.
Sono rimasto sconcertato anche dai commenti acritici e apologetici di chi ha condotto la diretta televisiva del Tg1 Rai, mostrandosi ligio alle “veline” dell’ufficio stampa di Sua Maestà Britannica. Un brutto esempio, a mio giudizio, di “giornalismo in ginocchio”.
Nicola Bruni