Erano le ore 19 del 3 luglio 1974, quando Elina e io pronunciammo il sacro “sì” del nostro matrimonio. Il rito nuziale fu celebrato a Catania, nella chiesa di Sant’Euplio, dal vescovo della città Domenico Picchinenna, amico della sposa. Presenti, un centinaio di persone, tra le quali i miei genitori Peppino e Stella, mia sorella Mariuccia, mio fratello Antonio, venuti da Roma, e le sorelle di Elina, Antonietta e Silvana.
La sposa era stata accompagnata all’altare dal papà, Carmelo, mentre la mamma, Antonia, era ricoverata in ospedale per una crisi cardiaca, fortunatamente risolta con l’applicazione di un pace-maker.
Appena tre ore prima della cerimonia, Elina e io eravamo andati a dare un bacio a mamma Antonia e a prometterle che ci saremmo amati per sempre. Poi, di corsa, a indossare gli abiti nuziali per presentarci puntualmente in chiesa.
Dopo la Messa, ci fu un ricevimento a buffet negli eleganti saloni del Grand Hotel Baia Verde con affaccio sul mare.
Ad un certo punto della serata, fatte le foto, consegnate le bomboniere e salutati gli ospiti, Elina e io ci avviammo, nello stesso hotel, verso la camera degli sposi. E lì, davanti alla porta, su indicazione del maître che ci aveva accompagnati, io sollevai tra le mie braccia la sposa per introdurla nel “talamo”.
Il nostro era stato un fidanzamento casto, perciò l’emozione di quella “prima notte” fu per noi molto intensa e anche liberatoria. Attenendoci ai nostri principi morali, avevamo saputo aspettare per undici mesi da quando ci eravamo conosciuti a Loreto, e finalmente eravamo liberi di amarci senza limiti, anima e corpo, con la benedizione di Dio. “Finalmente – io dissi a Elina – tu sei tutta mia e io sono tutto tuo”.
Nicola Bruni