All’alba del 19 gennaio 2001, la maestra Amalia fu attratta da un titolo del Corriere della Sera che sintetizzava una straordinaria proposta del ministro della Pubblica istruzione Tullio De Mauro: “Insegniamo ai bimbi la lingua degli immigrati: almeno i rudimenti alle elementari, così alunni italiani e stranieri possono comunicare”.
Si fece prestare il giornale dal professor Gerardo, suo compagno di viaggio nel trenino dei pendolari, e lesse ad alta voce i seguenti particolari di cronaca: “Il ministro ha proposto alcune frasi essenziali che tutti i bambini dovrebbero rivolgere, in lingua originale, al compagno di banco filippino, cinese o maghrebino: Hai il mal di pancia? Buon giorno! Buona sera! Come stai?”.
Affascinata da quella proposta, la maestra Amalia pensò di metterla subito in pratica nella Seconda C, che appunto attendeva l’arrivo di un bambino cinese come ventiseiesimo alunno della classe… senza alcun sostegno linguistico.
Così, appena giunta nella scuola comprensiva, si fece prestare dal collega Gerardo un ragazzo di terza media con gli occhi a mandorla, perché insegnasse ai suoi bimbetti il frasario del ministro in lingua mandarina.
Il “maestro” Liang fu bravissimo: in meno di un’ora riuscì a far cantilenare in coro l’intero repertorio ai 25 scolaretti, i quali peraltro si divertirono… un mondo: “Hai il mal di pancia? Ni tu ze ten ma? Buon giorno! Zao an! Buona sera! Uan an! Come stai? Ni ze me ian?”.
L’indomani, quando Amalia presentò alla classe il nuovo compagnetto Deng, gli altri 25 compagnetti dapprima lo accolsero con un chiassoso applauso di benvenuto, e poi gli domandarono all’unisono: “Ni tu ze ten ma?” (Hai il mal di pancia?).
Allora il cinesino spalancò le mandorle degli occhi, traboccanti di meraviglia, si guardò intorno e, incoraggiato dalla maestra che gli ripeteva premurosamente quella strana domanda, rispose di no scuotendo la testa… proprio come in italiano.
A quel punto, la classe scoppiò in una risata, e il piccolo straniero credette di capire che stessero facendogli uno scherzo. Si mise a ridere anche lui, poi puntò il dito verso la maestra e, scandendo bene le parole, rivolse a lei la stessa domanda: “Ni tu ze ten ma?” (Hai il mal di pancia?).
“Scé, scé” (Sì, sì), ribatté cordialmente Amalia parlando in cinese. Quindi aggiunse nella nostra lingua: “In questo periodo, noi insegnanti italiani abbiamo mooolti mal di pancia”.
Dal libro di Nicola Bruni “AD CATHEDRAM – SPIRITO E MATERIE” (Ed. La Tecnica della Scuola 2004)
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Nella foto, alcuni miei alunni di una classe prima del 1998-99, multietnica, della scuola media Mommsen di Roma.