“Niente da fare! Ho chiesto al maestro se si può fumare mentre si prega: mi ha risposto che quando si prega, si prega”, riferì sconsolato Samuel, studente di un collegio rabbinico, ai suoi compagni fumatori, obbligati come lui a pregare per molte ore al giorno. “Non hai saputo porre la domanda”, obiettò Salomon, il più furbo tra loro, e andò a interpellare nuovamente il rabbi: “Maestro, si può pregare mentre si fuma?”. “Certo! – rispose quello – Si può pregare sempre”.
Questa storiella sta a significare che occorre abilità nell’impostare la domanda se si vuole influenzare la risposta. Lo sanno bene quei persuasori occulti che, nei sondaggi d’opinione, formulano i quesiti in maniera capziosa, per orientare le risposte secondo i desideri del committente. E mostrano di saperlo quegli insegnanti che fanno domande “con aiutino” se si propongono di facilitare l’alunno interrogato, o viceversa domande “trabocchetto” se intendono metterlo alla prova in difficoltà.
“L’arte di interrogare – scriveva Jean-Jacques Rousseau – non è facile come si pensa. È più arte da maestri che da discepoli. Bisogna già aver imparato molte cose per saper domandare ciò che non si sa”. Tanto è vero che, a scuola, l’intelligenza e la preparazione degli allievi spesso si rivela più nelle domande che sanno porre all’insegnante che nelle loro risposte. Sono le “domande intelligenti” di chi dimostra di aver capito che c’è un problema, una contraddizione, una lacuna o un punto debole nella trattazione di un argomento.
Ma le domande più intelligenti sono quelle di chi riesce a interrogare se stesso, per mettersi in discussione, riconoscere i propri errori e cambiare.
Per esempio: – Che scopo ho dato finora alla mia vita? Che posto ha Dio nei miei pensieri e nel mio agire quotidiano? Quali sono i miei difetti? In che misura sono un egoista? In che cosa sto sbagliando? Come posso correggermi e migliorarmi? Come posso rendermi utile e fare del bene agli altri?
Nicola Bruni