Questa foto mi ritrae accanto a Elina, la “Principessa del mio cuore”, a Catania, la sua città natale. Dietro di noi, un’antica carrozza con lo stemma regio dei Borbone esposta nel cortile del Municipio. Io la considero un’immagine allegorica della nostra unione coniugale, cominciata proprio a Catania, dove il 3 luglio del 1974, con la reciproca promessa di un “amore immenso ed eterno”, decidemmo di viaggiare sulla stessa “carrozza”, dopo aver costruito a Roma il nostro “nido”. Un viaggio durato fino all’8 agosto del 2021, allorché Elina è partita da sola per il Paradiso.
Nel luglio del 2007, quando fu scattata la foto, la mia sposa aveva 67 anni, io 65. Eravamo ormai liberi da impegni di lavoro. I due figli, Paolo e Fabio, erano “sistemati”. I nipoti ancora di là da venire. Potevamo goderci liberamente il resto della vita come una coppietta di innamorati, anche grazie ai risparmi messi da parte “per la vecchiaia”. Ma l’abbiamo fatto con sobrietà, abituati entrambi fin da bambini a comportarci come previdenti “formichine”.
La nostra “carrozza” è stata sempre una modesta utilitaria Fiat. Prima, una piccola “500” decappottabile, con la quale andavamo insieme ad insegnare nella stessa scuola media romana. Dopo la nascita del primo figlio, nel 1975, passammo al modello “127”; poi alla “Uno” e, negli ultimi decenni, a due varianti della “Punto”.
Eravamo già molto amalgamati: con gli stessi gusti, gli stessi interessi, gli stessi ideali, la stessa fede. Mai un vero litigio. Mai una scena di gelosia.
Ci piaceva andare al teatro e ai concerti, ma non al cinema (per i film ci bastava la tv), e il tifo per il calcio lo lasciavamo ai nostri figli. In chiesa e in giro per il quartiere, a fare acquisti, la gente ci vedeva sempre insieme. Alcuni conoscenti ci dissero che il nostro amore gli faceva “tenerezza”. Al ristorante andavamo di rado, solo quando c’era l’occasione di incontrare degli amici, anche perché, grazie a Elina, in casa “si mangiava meglio”.
Fin dal 2004 ci siamo concessi, ogni anno d’estate, tre o quattro settimane di vera vacanza in un bell’albergo sul mare, dove eravamo “serviti e riveriti” a pranzo e cena. Siamo stati in Sardegna, a Ischia, sul Gargano, a Sanremo, a Marsala, ad Amantea, a Cinisi, alle isole Eolie, nel Salento, nel Cilento, nella Tuscia, a Montesilvano e, infine, a Cervia nel 2019, approfittando dei raduni organizzati da miei amici della Compagnia dei Birbaccioni. E quelli sono stati tra i giorni più belli della nostra “terza età”.
Purtroppo, abbiamo vissuto anche periodi di grande preoccupazione e sofferenza, perché Elina ha dovuto combattere, fin dal 1999, contro un meningioma recidivante, che l’ha costretta ad affrontare quattro interventi chirurgici a cranio aperto. Lo ha fatto con coraggio e il forte sostegno della famiglia. Dopo i primi tre, si era ripresa abbastanza bene, ma dopo il quarto, nel febbraio 2020, ha avuto inizio per lei un inesorabile declino.
Negli ultimi 14 anni, poiché Elina aveva difficoltà a camminare, ogni tanto mi concedeva una “licenza” per un viaggetto all’estero da turista solitario: in Francia, Spagna, Portogallo, Germania, Polonia, Ungheria, Belgio e Olanda. Ogni volta, al mio ritorno, avendo patito la mia mancanza, mi diceva di sentire ancora di più forte il suo amore per me.
Mi piace ricordarlo, perché è felicità anche poter ricordare di essere stati felici.
Nicola Bruni