C’è una palla di cannone sugli scalini di marmo infranti della galleria d’arte di Palazzo Colonna a Roma, che ho visitato lo scorso 9 novembre. Grossa una decina di centimetri, piena di ferro, dipinta di nero. È stata lasciata lì dagli eredi dell’antica famiglia proprietaria del palazzo, a testimonianza di un importante avvenimento storico.
Quel proiettile fu sparato nel 1849 dall’esercito francese comandato dal generale Oudinot, durante la battaglia contro la Repubblica Romana di Mazzini che aveva cacciato il papa Pio IX costringendolo a rifugiarsi a Gaeta nel Regno delle Due Sicilie.
Entrò nel salone della Galleria Colonna da una finestra o sfondando il tetto.
La cannonata partì dal Gianicolo ed era forse diretta al Palazzo del Quirinale, che si trova a un centinaio di metri sulla stessa traiettoria. Per fortuna, non danneggiò le opere della collezione d’arte esposte nel salone dedicato a glorificare la vittoria della flotta cristiana comandata da Marcantonio Colonna contro quella dell’Impero turco nella battaglia di Lepanto del 1571.
Sembra che la ricca e potente famiglia Colonna, benché avesse un papa tra i suoi antenati (Martino V, 1417-1431), non parteggiasse per Pio IX, o che dal 1848 si fosse adeguata allo “spirito repubblicano” in modalità “gattopardesca”, cioè per opportunismo politico. Perciò, il suo palazzo potrebbe essere stato preso di mira dall’artiglieria francese.
Quella palla di cannone contribuì a far tornare a Roma il Papa. Ecco perché è un monumento storico.
Nicola Bruni