MINISTRA, SINDACA, RETTRICE, CAPITANA, AVVOCATA… Si dice così, in buon italiano del XXI secolo, quando ci riferisce a una donna che svolge la relativa funzione.
Finalmente, oggi, il genere femminile si fa strada nella società e nella lingua italiana, e le donne, quando sono chiamate con il solo cognome, non hanno bisogno dell’articolo la (“la Meloni”) per essere identificate nel genere. Sono, comunque, da evitare quelle ridicole commistioni tra maschile e femminile nelle quali incappano alcuni giornalisti mestieranti, del tipo: “Il presidente Giorgia Meloni è andata…”.
Sono passati 37 anni da quando (1987) la Presidenza del Consiglio pubblicò un manuale di “Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana”, a cura di Alma Sabatini, che fra l’altro additava negativamente proprio un caso del genere.
Quelle raccomandazioni poi sono andate a vuoto. Se invece fossero applicate, in nome della pari dignità fra i sessi, dovremmo trovare declinati anche al femminile i nomi di titoli, professioni e mansioni: per esempio, architetta (non architetto donna), ingegnera (come infermiera), avvocata (come nella preghiera Salve Regina), magistrata, notaia, medica chirurga, rettrice, direttrice, assessora, sindaca, questora, prefetta, ambasciatrice, ministra, sottosegretaria di Stato, soldata, marescialla, capitana, colonnella, ammiraglia.
Fa eccezione capo, sia perché è un nome metaforico indicante chi è alla testa di un’organizzazione, sia perché la forma capa ha spesso un uso scherzoso che ricorda le forme dialettali capa tosta e ’na capa tanta.
Per una serie di nomi unisex, il femminile si distingue dal maschile mediante l’articolo: la vigile, la giudice, la presidente, la leader, la giornalista. Guardia e sentinella sono invece nomi femminili invariabili e mantengono l’articolo la e l’aggettivazione al femminile, anche se applicati a persone di sesso maschile.
Il manuale di Sabatini sconsiglia l’uso del suffisso -essa, specialmente in forme goffe di femminilizzazione come vigilessa e soldatessa, ammettendolo solo in quei casi in cui non rivesta una connotazione svalutativa, come in studentessa e dottoressa. Peraltro, a insediare un efficace sostituto di professoressa, hanno già provveduto gli studenti, chiamando simpaticamente prof gli insegnanti, femmine e maschi.
Nicola Bruni
Nella foto, la sindaca di Firenze Sara Funaro.