La celebrazione della data simbolica del 25 aprile serve a ricordare che nella primavera del 1945, per merito anche di quanti avevano combattuto nella Resistenza, il popolo italiano fu liberato da sei gravi calamità non naturali: dalla guerra, dalla dominazione tedesca, dalla dittatura fascista, dalla divisione del Paese in due Stati (come quella che, per punizione, fu imposta alla Germania), dalla persecuzione assassina degli ebrei e principalmente – sotto il profilo della storia – dalla plurimillenaria discriminazione giuridica delle donne.
In quel periodo, tornava per gli italiani la speranza in un avvenire di pace, di libertà, di democrazia, di uguaglianza dei diritti, di giustizia e di progresso.
Il Nord Italia (dolorosamente amputato dell’Istria e della costa dalmata, e separato da Trieste fino al 1954) si riuniva al Centro-Sud, dopo la secessione attuata da Mussolini con la Repubblica Sociale Italiana.
Si avviava la ricostruzione del Paese dalle immani rovine della guerra, e il suo risorgimento economico dalla miseria in cui era precipitato.
Le donne conquistavano il diritto di voto e di elezione nelle assemblee rappresentative: primo passo verso la completa liberazione dallo stato di inferiorità a cui le aveva sempre costrette la società maschilista, e che le leggi fasciste avevano aggravato.
Si preparavano le prime elezioni a suffragio universale, cioè con uguale diritto di voto per tutti i cittadini maggiorenni: maschi e femmine, ricchi e poveri, colti e analfabeti.
Si progettava il referendum che avrebbe deciso il passaggio dalla monarchia alla repubblica.
Si cominciava a studiare una nuova Costituzione, ispirata agli ideali democratici della Resistenza, e che poi avrebbe adottato tre princìpi rivoluzionari rispetto allo Statuto Albertino:
– la sovranità appartiene al popolo, non ad un “sovrano” proprietario dello Stato;
– tutti i cittadini – comprese finalmente le donne, discriminate in passato perfino dalla Costituzione della Repubblica Romana di Mazzini – hanno pari dignità e sono eguali davanti alla legge; quindi, non ci sono più “nobili” privilegiati per nascita;
– “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”;
– l’Italia “consente, in condizioni di parità con altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni rivolte a tale scopo”.
A partire da quella rivoluzione democratica, negli 80 anni trascorsi l’Italia ha compiuto enormi progressi, anche se non tutto è andato nel verso giusto e secondo le speranze di allora.
Nicola Bruni
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Nella foto, del 25 aprile 1985, mia moglie Elina, che da piccola subì la guerra voluta da Mussolini e rischiò di morire per una grossa bomba di aereo caduta senza esplodere in un giardino accanto alla sua casa di Catania.