che faceva catturare un bambino ebreo durante l’occupazione tedesca di Roma.
La vita di un ebreo adulto valeva 5000 lire, quella di una donna 3000, quella di un bambino solo 1000 lire. Era questo il tariffario con cui la Gestapo, la polizia nazista, compensava i delatori italiani che rivelavano i nascondigli degli israeliti durante l’occupazione tedesca di Roma, tra il 10 settembre 1943 e il 4 giugno 1944. Dunque, c’erano degli italiani così cattivi che non si facevano scrupolo di mandare a morte un bambino per un guadagno di 1000 lire!
Per fortuna, c’era anche tanta gente buona che rischiò la vita per salvare gli ebrei nascondendoli in casa propria. E la Chiesa, su disposizione segreta del papa Pio XII, aprì le porte dei palazzi extraterritoriali del Laterano, della Basilica di San Paolo e di Castel Gandolfo e quelle dei conventi di frati e di suore a tutti i perseguitati (ebrei, politici antifascisti e militari). Fu grazie a una così diffusa solidarietà che la maggior parte degli ebrei romani si salvarono.
Ricordo che nel 1998 invitai nella mia scuola un rappresentante della Comunità israelitica, l’ingegner Fernando Tagliacozzo, a tenere una conferenza sul rastrellamento degli ebrei romani avvenuto all’alba del 16 ottobre 1943.
Lui all’epoca aveva 5 anni, e si salvò per caso quando la Gestapo andò a prelevare la sua famiglia. Questa abitava in due appartamentini che si affacciavano sullo stesso pianerottolo di un palazzo: uno aveva sulla porta la targa con il cognome ebraico “Tagliacozzo”, mentre l’altro era anonimo. I nazisti bussarono solo al primo e portarono via le persone che vi si trovavano, cioè la nonna, la zia e la sorella di Fernando. Non pensarono, invece, di cercare nel secondo appartamento, dove dormiva il piccolo Fernando con i suoi genitori. In quel brutto giorno vennero catturati e poi deportati in Germania 1090 ebrei romani, tra i quali anche vecchi, ammalati e bambini. Purtroppo, suo padre fu arrestato pochi giorni più tardi, mentre si trovava in un negozio, per una spiata di un suo conoscente, e poi ucciso in un lager tedesco al pari degli altri tre suoi familiari deportati.
Fernando trovò rifugio con la madre nel convento delle Suore del Preziosissimo Sangue di Via Taurasia (Porta Metronia). E ogni volta che dalle finestre venivano avvistati militari tedeschi, il bambino, terrorizzato, correva a nascondersi sotto il letto di una monaca.
Roma fu liberata dagli Alleati il 4 giugno del 1944, e così Fernando – abrogate le leggi razziali fasciste – poté frequentare la prima elementare nell’anno scolastico 1944/45 in una scuola statale.
Nicola Bruni