Villa Borghese con il suo laghetto, a Roma, era un appuntamento fisso, negli anni della mia infanzia, per la scampagnata di Pasquetta. Lì ci incontravamo, per passare la giornata, con zia Esterina, una cugina di papà, e i suoi quattro figli, Giacomino, Maria, Marilena e Miriam. Noi eravamo tre bambini – Nico, Mariuccia e Antonio – accompagnati da mamma Stella e dalla tata Caterina. I rispettivi padri restavano a casa.
Ci andavamo con il tram della Circolare Rossa, che da Piazza San Giovanni ci portava a Valle Giulia, da dove salivamo a piedi verso la collina del Pincio.
Arrivati in quel bellissimo parco, per prima cosa facevamo un giro in barca nel laghetto, con Giacomino, il più grandicello tra noi, messo a remare. Poi ci divertivamo a tirare briciole di pane alle papere e alle oche. E giocavamo: a nascondarella, ad acchiapparella, a saltare con la corda, tra la fontana del Mosé e il tempio di Esculapio.
A mezzogiorno, le nostre mamme tiravano fuori da due grandi borse il “ben di Dio”: timballo, lasagne, gattò di patate, pomodori ripieni di riso, cotolette impanate, panini imbottiti, frutti vari, bottiglie di aranciata, che venivano deposti su una panchina di pietra apparecchiata con una tovaglia. E si faceva tutti insieme una bella “magnata” in allegria.
Tornavamo a casa all’imbrunire, felici e contenti.
Nicola Bruni