(15 agosto 2020)
La giornata del 15 agosto è stata sempre per me, innanzi tutto, la festa dell’assunzione della Madre di Gesù in Cielo: primo essere umano a mettere piede con anima e corpo in Paradiso, impresa storica ben più grande – come ha detto Papa Francesco – di quella compiuta dal primo uomo sulla Luna. Una festa da celebrare immancabilmente in chiesa, salvo cause di forza maggiore.
Nel Vangelo della Messa dell’Assunta c’è il Magnificat di Maria, con il suo ringraziamento a Dio: “Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente…”. Il mio parroco ha detto che ciascuno di noi dovrebbe recitare il suo Magnificat, per ringraziare Dio dei grandi doni da Lui ricevuti. E così facciamo Elina ed io all’inizio di ogni nostra preghiera comune.
In questo periodo in cui siamo costretti a stare in casa, perché Elina è paralizzata a letto, ci consoliamo ricordando i giorni felici che abbiamo trascorso durante la nostra lunga vita e dei quali ci possiamo accontentare.
Quando ero “più giovane” e non ancora sposato, preferivo di solito trascorrere la giornata di Ferragosto a Roma, anziché in una spiaggia affollata, e andare in giro per godermi le bellezze artistiche della città semideserta.
Ogni anno, questa ricorrenza mi ricorda l’immensa gioia che provai la sera del 15 agosto 1973, quando riuscii finalmente a mettermi in contatto per telefono con la mia Elina, tornata nella sua casa di Catania, che mi confermò il suo amore.
Ci eravamo conosciuti alla fine di luglio a Loreto (vedi foto), in un convegno di professori, e la sera del 3 agosto, alla vigilia della partenza, ci eravamo baciati.
Poi lei andò ad un campeggio organizzato di giovani dell’Azione Cattolica in Sicilia, e si interruppero i contattati perché non c’erano i telefonini portatili. Temevo che Elina, così bella, potesse avere un altro innamorato. Ma lei in quel periodo aveva pensato solo a me.
Terminata la telefonata, fui preso da un tale entusiasmo che feci salti di esultanza; poi uscii di casa e mi misi a camminare a passo veloce percorrendo senza una meta le strade deserte del mio quartiere, in modo da sfogare la tensione che avevo accumulato in quei lunghi giorni di attesa.
Nicola Bruni