Ha dimostrato la falsità del mito “Italiani brava gente” (titolo di un film del 1964), il giornalista e scrittore Angelo Del Boca, considerato il maggiore studioso del colonialismo italiano, scomparso il 7 luglio all’età di 96 anni. Mito secondo cui gli Italiani in guerra si sarebbero comportati quasi sempre in maniera cavalleresca e rispettosa delle popolazioni coinvolte, incapaci di compiere atrocità.
Del Boca è stato il primo ad avviare una ricostruzione sistematica e critica della storia politico-militare dell’espansione italiana in Africa orientale e in Libia, e il primo fra gli storici a denunciare i crimini di guerra compiuti dalle truppe italiane durante le guerre coloniali fasciste.
In particolare, ha documentato il ricorso a bombardamenti aerei terroristici su centri abitati, persino con l’impiego di armi chimiche come iprite, fosgene e arsina contro truppe combattenti e popolazioni inermi; la strage di migliaia di civili compiuta nel 1937 ad Addis Abeba dopo il fallito attentato al generale Rodolfo Graziani: l’eccidio, nello stesso anno, di centinaia di monaci e fedeli copti della città-convento di Debra Libanòs; le deportazioni di massa di popolazioni ostili in campi di concentramento, come quelle compiute in Cirenaica.
Per le sue denunce, è stato aspramente contestato dalla stampa conservatrice e dalle associazioni di reduci e di profughi italiani dall’Africa.
Il lavoro di Del Boca, nonostante la scarsa visibilità offertagli dagli organi di informazione, ha contribuito a stracciare il velo di omertà che il nostro Paese aveva steso sul proprio passato coloniale, aprendo la strada alle ricerche di altri studiosi. E ha fatto emergere che l’esperienza coloniale italiana è stata condotta con gli stessi metodi violenti e spietati di altre forme di colonialismo e non aveva affatto come scopo primario quello della civilizzazione di popoli selvaggi.
Grazie a Del Boca, ora sappiamo che gli Italiani non sono tutti, per loro natura, “brava gente”: alcuni lo sono, altri no.
Nicola Bruni