Questa foto, del 9 settembre 1967, mi ritrae nello stabilimento balneare Kursaal di Ostia. Avevo quasi 26 anni ed era la prima volta – vi sembrerà strano – che mi immergevo in una piscina.
Accanto a me, c’era Lizbeth, la figlia tredicenne del mio amico danese Ewald, venuto in vacanza a Roma con una roulotte e che mi aveva invitato a trascorrere una giornata con la sua famiglia.
Sapevo nuotare “così così”, per averlo imparato al mare, ma la frequenza di una piscina fino ad allora non aveva mai varcato l’orizzonte della mia vita.
Negli anni dell’infanzia e dell’adolescenza, a causa delle ristrette condizioni economiche familiari, non mi ero potuto permettere nessuno sport a pagamento. Le uniche palestre da me conosciute erano quelle gratuite della scuola. Da ragazzino, avevo giocato a palletta, più che a pallone, con i miei compagni su campi sterrati o in mezzo alla strada.
Imparai a tenermi in equilibrio su una bicicletta da noleggio (non ne avevo mai posseduta una) solo a 18 anni, nel giorno in cui (25 agosto 1960) a Roma si apriva la XVII Olimpiade.
D’altra parte, facevo attività fisica camminando molto: ogni giorno, solo per andare a scuola, al liceo Augusto, percorrevo a piedi circa tre chilometri tra andata e ritorno.
Inoltre, da liceale, andavo spesso a ballare, nelle feste in casa di amici e in quelle organizzate dalla mia associazione studentesca al dancing “Golden Spider” di Viale XXI Aprile, prediligendo balli movimentati che erano una vera e propria ginnastica: rock and roll, cha cha cha, mambo, rumba, samba, charleston, hula hoop. Ero diventato un abile ballerino frequentando d’estate, negli anni della scuola media, la pista da ballo con juke box della colonia marina di Fregene dei figli dei militari dell’Esercito.
Superata la maggiore età, ormai il nuoto in piscina non faceva parte delle mie abitudini. Ebbi, invece, qualche saltuaria esperienza nello sci.
Oggi i tempi sono cambiati, e i miei due nipotini di otto anni, che si allenano con società sportive, sono già dei campioncini: Leo nel nuoto e nel calcio, Gabriel nel basket, nella corsa e nel nuoto. Realizzano quello che non poté fare il nonno.
Nicola Bruni