“Buongiolno!”, salutò con voce squillante la “signola Cin-Cin La” incontrandoci nell’Hotel Emminger di Salisburgo, dove io, mia moglie Elina e i miei due figli eravamo in vacanza alla fine di agosto del 1991. Parlava in italiano con la tipica “plonuncia” cinese che scambia la r con la l. “Siete di Loma? Io ho studiato pel un anno a Loma. È melavigliosa!”. Si presentò cordialmente dicendo di essere una “plofessolessa di stolia e geoglafia” in una scuola di Tsientsin.
“Ah, Tientsin! – commentò Elina, professoressa anche lei – È una città che fa parte della nostra storia: nel suo territorio il Regno d’Italia ottenne una concessione commerciale dal Celeste Impero, che amministrò dal 1902 al 1943”.
“È velo”, confermò Cin-Cin La, aggiungendo che oggi l’ex concessione è un quartiere elegante di quella metropoli, con edifici costruiti dagli italiani in stile liberty e art déco, e conserva una piazza intitolata a Dante.
La prof cinese accettò di farsi scattare questa foto con Elina, mio figlio Fabio e alcuni dei ragazzi che accompagnava nella gita scolastica in “Austlia”.
L’incontro con quella donna gioviale, alla quale appioppammo il soprannome di Cin-Cin La, ci mise di “buonumole”.Scherzammo a lungo storpiando le “palole” con la r, e decidemmo di chiamarci anche noi, per quel giorno, con nomignoli di foggia cinese dal cognome anteposto: Jun-Tao Lin (Giunta Elina), Blu-Ning Ning (Bruni Nicola), Blu-Ning Bao (Bruni Paolo), Blu-Ning Fang (Bruni Fabio).
E al ristorante brindammo in allegria: “Cin cin, Cin-Cin La!”.
Nicola Bruni