Ero presente nella basilica di San Giovanni in Laterano, il 23 settembre del 1978, quando il nuovo papa Giovanni Paolo I vi fece ingresso, portato da valletti in livrea sulla sedia gestatoria – come si usava all’epoca -, per la presa ufficiale di possesso della Cattedra di vescovo di Roma. E per farglielo vedere, avevo messo “a cavacecio” sulle spalle il mio figlioletto Paolo, di tre anni, che applaudiva anche lui tra la folla dei fedeli battendo le manine.
Mi ero particolarmente rallegrato per l’elezione al soglio pontificio del cardinale Albino Luciani, patriarca di Venezia, che consideravo quasi un amico di famiglia, dopo aver letto con gusto il suo libro “Illustrissimi”, pubblicato nel 1976, contenente una briosa e dotta raccolta di lettere immaginarie indirizzate a celebri personaggi della storia o della letteratura.
Cinque giorni dopo, fui molto addolorato dalla notizia della sua morte improvvisa nel sonno, che suscitò sgomento in tutto il mondo.
Giovanni Paolo I ha guidato la Chiesa come Vicario di Cristo per soli 34 giorni, durante i quali ha introdotto un’importante innovazione comunicativa: l’uso, per la prima volta da parte di un pontefice, di un linguaggio semplice e colloquiale, sul modello del “sermo humilis” raccomandato ai predicatori da Sant’Agostino, sostituendo il pronome “io al “pluralis maiestatis”. Ed è stato il primo papa dei tempi moderni a rinunciare alla cerimonia dell’incoronazione come inizio del pontificato.
Un’altra significativa novità è stata la definizione di Dio non solo come padre ma anche come madre.
L’umiltà e la mitezza, unite ad una solida preparazione teologica e culturale, sono stati due tratti caratteristici della sua straordinaria personalità di pastore della Chiesa universale.
In una delle quattro udienze generali da lui tenute raccomandò la virtù dell’umiltà, “tanto cara al Signore, il quale ha detto: imparate da me che sono mite e umile di cuore… Anche se avete fatto delle grandi cose, dite: siamo servi inutili”. E aggiunse: “Dobbiamo sentirci piccoli davanti a Dio. Io non mi vergogno di sentirmi come un bambino davanti alla mamma: si crede alla mamma, io credo al Signore, a quello che Egli mi ha rivelato”.
Nicola Bruni