Paolo Mix, il mio anziano professore di storia e filosofia al liceo classico Augusto di Roma, era un autentico gentiluomo. Rispettoso e affabile con i suoi studenti, era l’unico tra gli insegnanti della mia sezione, nel triennio 1957/1960, con il quale noi ragazzi riuscivamo in qualche modo a dialogare. Non alzava mai la voce per rimproverarci. Ed era da tutti rispettato e benvoluto.
Quando io gli consegnavo in omaggio una copia del giornale studentesco Augustus, del quale ero il direttore, lui insisteva per pagarmela. Poi, dopo averla letta, commentava con me alcuni articoli, e mi dava dei consigli, suggerendomi come modello di giornalismo gli editoriali di Augusto Guerriero sul Corriere della Sera.
Per la filosofia, ci dettava degli appunti abbastanza comprensibili e non seguiva il difficile testo di Lamanna adottato dall’istituto, che serviva per approfondire gli argomenti. Teneva fuori dai suoi discorsi l’attualità politica, ma basava l’insegnamento sulla dialettica delle idee come sostanza della democrazia. E puntava a sviluppare negli allievi lo spirito critico, procedendo a dimostrare di volta in volta come una visione filosofica apparsa convincente potesse essere criticata nei suoi punti deboli o confutata da un’altra visione filosofica diversamente strutturata.
Purtroppo, il suo programma di storia non andava oltre la vittoria dell’Italia nella Grande Guerra e quello di filosofia si fermava alle soglie del marxismo, mentre l’educazione civica, introdotta ufficialmente nel 1958 dal ministro della Pubblica Istruzione Aldo Moro in aggiunta alla storia, risultava per lui una “notizia non pervenuta”.
Non ricordo di aver saputo se quel caro insegnante fosse sposato e avesse figli. A quel tempo, non si usava fare domande ai professori sulla loro vita privata. Prima di ottenere la cattedra all’Augusto, come ci raccontò, aveva svolto le funzioni di addetto culturale dell’ambasciata italiana in Romania.
Mix fumava abitualmente durante la lezione, come allora gli era consentito dal regolamento scolastico, e un mio compagno fumatore, appena lo vedeva tirare fuori una sigaretta, accorreva servizievole per offrirgli il fuoco del suo accendino.
Parlava, stando seduto in cattedra, con la sigaretta pendente dalle labbra, avvertito in extremis da una voce: “Professore, la cenere!”.
Portava gli occhiali, senza i quali non vedeva bene, e a volte sbagliava casella nel mettere i voti sul registro. Pertanto, poteva succedere che qualcuno si ritrovasse con un 6 in storia pur non essendo stato interrogato.
Con lui, per rimandare le interrogazioni, avevamo escogitato lo stratagemma di fargli delle domande all’inizio della lezione. Specialmente sulle questioni filosofiche, lo specialista delle domande ero io, sollecitato ogni volta dai miei compagni. E Mix, apprezzando le nostre curiosità, rispondeva puntualmente con lunghe dissertazioni, che spesso si protraevano fino al suono della campanella.
Alla fine del trimestre, il nostro professore di storia e filosofia aveva molto spiegato e poco interrogato. Di conseguenza, doveva mettere i voti sulla base di un giudizio sommario tenendo conto della partecipazione di ciascun alunno o alunna alle lezioni.
Io durante l’anno navigavo con 7 e 7 e infine approdavo alla promozione con 8 e 8, il massimo che potesse uscire dal polsino della sua “manica stretta”.
Nicola Bruni
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Nella foto, il professor Paolo Mix con un gruppo di studenti della classe Seconda D – 1958/59 del liceo Augusto di Roma. Io ero il terzo da sinistra in alto.