L’esempio del commediografo latino Publio Terenzio Afro, di origini berbere.
Mi ha colpito una lettera del professor Bepi Campana pubblicata dal quotidiano Avvenire il 30 aprile, sul pericolo di “sostituzione etnica” nel nostro Paese paventato da un ministro del Governo Meloni
L’autore cita il caso del grande commediografo latino Publio Terenzio Afro, “schiavo nordafricano di etnia berbera, descritto da Svetonio come piccolo e di carnagione scura, bello e intelligente. Il suo padrone, il senatore Terenzio Lucano, lo fece studiare, e finì per dargli la libertà.
Terenzio frequentò il meglio della cultura romana, e contribuì ad arricchirla con le sue bellissime commedie”.“A differenza di Atene – prosegue Campana – la cui democrazia su basi etniche non concedeva ai forestieri la cittadinanza, Roma era ‘città aperta’: realisticamente consapevole di aver bisogno di braccia e menti da qualunque parte venissero. E soprattutto orgogliosa e fiduciosa nei suoi punti di forza, non riducibili all’esercito: ad esempio uno ‘ius’ a vocazione universale, una grande capacità (finché è durata…) di gestire politicamente i conflitti interni, e la mossa decisiva di lasciarsi ‘vincere’ dalla Grecia sconfitta, assumendo il meglio di quella straordinaria cultura”.
Il professore ricorda, poi, che “viene dal greco ‘scholè’ la parola ‘schola’, scuola, strettamente imparentata con ‘otium’, lo spazio liberato dalle cure pratiche, ‘sacro’ in quanto consacrato alla conoscenza e all’arricchimento spirituale”. E invita a “puntare sulla grande forza della scuola e della cultura”, anziché lasciarsi prendere da una “ottusa e rinunciataria paura di sostituzione etnica”.
Nicola Bruni
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Nella foto: ritratto di Publio Terenzio Afro (Biblioteca Vaticana), nato a Cartagine tra il 190 e il 185 a. C., morto mentre era in viaggio in Grecia nel 159 a. C. Di lui si tramandano 6 commedie: Andria, Hecyra, Heautontimorumenos (Il punitore di se stesso), Eunuchus, Phormio, Adelphoe (I fratelli).