Ha compiuto 82 anni il 30 luglio 2023, ma è ancora in piena attività musicale, il celebre cantante e compositore Paul Anka, che ricordo come uno degli idoli canori dei miei anni verdi. Nato ad Ottawa nel 1941, statunitense di adozione, lanciò nel 1957, a soli 16 anni, il disco “Diana” (nome pronunciato in inglese “daiana”), che ottenne uno strepitoso successo mondiale e divenne uno dei “tormentoni” più gettonati dei jukebox italiani e delle feste da ballo da me frequentate.
Io ebbi la fortuna di poter assistere ad un suo concerto al Teatro Brancaccio di Roma, gremito da più di mille ragazzi e ragazze in visibilio.
Ho fatto una ricerca nelle mie agendine d’epoca e ho trovato la data di quell’evento, sabato 24 gennaio 1959, con l’annotazione di aver pagato 500 lire per un biglietto del loggione, dal quale poi scesi in platea per occupare abusivamente una “poltronissima di terza fila” rimasta vacante.
Allora io ero iscritto al penultimo anno del liceo classico, all’Augusto di Roma, e con me erano venuti al concerto una decina di miei compagni e compagne di classe. Eravamo coetanei di quell’enfant prodige, il che suscitava in noi un senso di orgoglio e di solidarietà generazionale. Per l’occasione, come si usava a quei tempi, noi “giovanotti” – e lo stesso cantante – indossavamo a teatro giacca e cravatta, mentre le “signorine” portavano gonne lunghe e scarpe con i tacchi.
Anka aveva una grande comunicativa con il pubblico. Ad un certo punto, scese addirittura dal palco e si mise a ballare con una ragazza della prima fila, mentre l’orchestra continuava a suonare.
Tra le sue canzoni che mi sono rimaste nelle orecchie, oltre a “Diana”, ricordo in particolare “You are my destiny”, un brano lento che si prestava benissimo ad essere ballato guancia a guancia con una ragazza che “ci stava”.
Nicola Bruni