Che senso hanno gli auguri che, per tradizione, noi facciamo ad altri o riceviamo in occasione delle principali feste dell’anno?
Forse che qualcuno di noi crede che essi abbiano l’effetto di influenzare favorevolmente le vicende umane di chi ne è il destinatario?
Forse che le persone perite nei giorni delle passate grandi festività non avevano ricevuto una quantità sufficiente di auguri dai loro parenti e amici?
Gli auguri non hanno un potere magico o soprannaturale di portare fortuna. Sono soltanto un modo per dichiarare ad una o più persone affetto, amicizia, benevolenza, oppure per compiere un semplice atto di cortesia.
Approfittare delle grandi festività per fare gli auguri a parenti, amici e conoscenti lontani, è un modo per tenere o riprendere i contatti interrotti o diradati, e per dire a ciascuno di loro: “Non mi sono dimenticato di te”, “Ti penso”, “Ti voglio sempre bene”. Dunque, è una bella tradizione da continuare.
Ho detto prima che, in realtà, gli auguri sono soltanto manifestazioni di desideri benevoli, senza effetti pratici.
C’è, però, un modo particolare, secondo la mia visione di fede, per dare agli auguri una forza spirituale potenzialmente in grado di influenzare le vicende umane: sottintendere agli auguri una preghiera a Dio.
Così, augurare “un anno nuovo felice” avendo in mente l’invocazione “Dio ti conceda un anno nuovo felice”, acquista la forza di una preghiera che il Signore sicuramente gradisce e può esaudire.
*
Cari amici, credenti e non credenti,
Dio vi conceda un Natale sereno e una vita serena nel 2024!
Nicola Bruni