La Cannunera. Non aveva mai visto un cannone Maria Giovanna Francese, centenaria maestra di telaio (1912-2012), ma aveva ereditato con orgoglio questo soprannome da suo padre, cannoniere nella Grande Guerra.
Passando, la si vedeva seduta al portone di casa, nella via principale del paese. Sedeva su una seggetta impagliata “come una matrona dispensatrice di sorrisi, sguardi, parole”.
In quella contrada di Arena, antico borgo arroccato su un costone montuoso delle Serre Calabre, “il vocio continuo delle comari era il cordone ombelicale che la univa al resto della comunità, ai suoi lutti, alle sue nascite, ai suoi accadimenti”.
La sua casa aveva una sola stanza, con la finestra su una valle verdeggiante di boschi. All’ingresso teneva appesa una berretta per segnalare ai malintenzionati la presenza di un uomo.
Di giorno “le sue mani giocavano con i ferri dell’uncinetto”; la sera “ripassavano i grani del rosario”. Di notte “riposava nel lettone con le travarche lavorate in legno”.
Così la ricorda Mimmo Catania, giovane studioso del dialetto locale, in un affettuoso ritratto poetico.
“Mi sono seduto sovente – scrive l’autore – al suo braciere. Mi sono soffermato, di tanto in tanto, a quel tepore fatto di ricordi antichi, di buoni consigli, di occhi sorridenti e di esili dita che a guardarle non si sarebbe mai potuto immaginare quante olive avessero raccolto… né quanti fili avessero passati al fuso, avvolti a canna e cannelle, ammatassati, ammattulati, agghjommerati, ‘mbijati al telaio, annodati, tessuti…”.
“Maria Giovanna non si è piegata al peso degli anni: una caduta ha spezzato quel tronco minuto ma robusto”. Finita in ospedale, riuscì a rialzarsi un solo giorno, “per imboccare un’ultima volta il suo portone, affacciarsi un’ultima volta alla sua finestra e salutare il tramonto là dove aveva scorto l’aurora”.
Nicola Bruni
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Nelle foto, Maria Giovanna Francese al telaio, e la veduta della valle di Arena dalla finestra della sua casa.
Arena è il paese di origine di mia madre, Stella Cesarelli (1907-1984).