“È la vecchiània una brutta malatia, che oggi imbisca a tia, domani a mia”, cantava allegramente la mia futura sposa Elina con le ragazze e i ragazzi dell’Azione Cattolica di Catania, durante le escursioni in pullman sulle pendici dell’Etna.
Erano gli anni ’60 del secolo scorso. Nessuno tra quelle “signorine” e quei “giovanotti”, allora, pensava seriamente che un giorno sarebbe stato “imbiscato” proprio dal “virus” della vecchiaia.
Ho chiesto all’amica Silvana Centamore, che, da adolescente, ebbe Elina come maestra di catechismo nella parrocchia del Sacro Cuore di Catania, di raccontarmi qualcosa di lei.
“La tua Elina – esordisce – è stata per me un modello di vita. L’ho frequentata per un decennio dal 1964, da quando aveva circa 25 anni fino al suo matrimonio e trasferimento a Roma. Era una ragazza seria, buona, brava e gioiosa. Era anche molto bella, ma la sua bellezza non le metteva grilli per la testa, e lei mostrava di non darle importanza”.
“Faceva molte opere di bene, coinvolgendo anche le sue allieve. Un giorno condusse alcune di noi a visitare una famiglia poverissima con otto figli, che viveva di carità, alloggiata in un ‘basso’ degradato del quartiere del Fortino. Il padre era un nullafacente, la madre era molto deperita a causa delle numerose gravidanze, e in dieci, con i bambini, dormivano tutti nello stesso letto, mentre i topi scorrazzavano di qua e di là. Ci prese un groppo alla gola. Provvedemmo subito a rifornire quella famiglia di generi alimentari, e in seguito continuammo ad aiutarla”.
“Un’altra volta – prosegue Silvana – andammo con lei a trovare una vecchietta che viveva da sola in un piccolo appartamento di Via Aurora, dove per la sporcizia si sentiva un tanfo tremendo. Eravamo quattro ragazze: ci rimboccammo le maniche e ci mettemmo a pulire e igienizzare tutta la casa, che a lavoro terminato non puzzava più”.
“Un’esperienza molto toccante fu la visita ad una donna con un figlio focomelico, che aveva due moncherini al posto delle braccia. Quel bambino era di 7 anni ma ne dimostrava 4. Le portammo del cibo e promettemmo di pregare per loro”.
“Con incontri come questi Elina ci insegnava a vedere nel povero, nel bisognoso di aiuto, nel disabile, nell’ammalato il volto di Gesù, richiamando le parole da lui pronunciate nel Discorso delle Beatitudini: ‘L’avete fatto a me’ “.
“Elina – ricorda ancora Silvana – realizzava un catechismo dinamico, servendosi anche di recite teatrali e di escursioni in ambienti naturali (davanti al mare, in un bosco, in montagna sull’Etna) dove si potesse percepire meglio la presenza del Creatore”.
“Nel suo insegnamento ricorreva spesso l’idea che l’amore di Dio verso di noi suoi figli si manifesti anche nell’amore che ciascuno di noi mette in pratica verso gli altri figli di Dio, il nostro prossimo”.
Nicola Bruni
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Nella foto, Elina a 22 anni, quando faceva la catechista.