Merita un’attenta riflessione la lezione magistrale sulla democrazia che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha tenuto lo scorso 3 luglio a Verona, intervenendo alla 50.a Settimana sociale dei cattolici italiani.
Citando Norberto Bobbio, Mattarella ha indicato alcune condizioni minime perché ci sia una democrazia: generalità, uguaglianza e libertà del diritto di voto, possibilità di scelta tra proposte alternative, ruolo insopprimibile delle assemblee elettive e “limiti alle decisioni della maggioranza, nel senso che non possano violare i diritti delle minoranze e impedire che queste possano, a loro volta, divenire maggioranza”.
Fondamentale, a suo giudizio, è che sia riconosciuto ed esercitato il diritto all’opposizione, con il “rifiuto di ogni obbligo di conformismo sociale o politico”.
Non c’è democrazia senza la tutela delle libertà civili e politiche. Ma i diritti si inverano attraverso l’esercizio democratico. Se questo si attenua, si riduce la garanzia della loro effettiva vigenza. Ciò avviene ove si manifesta una scarsa partecipazione elettorale, oppure “ove il principio ‘un uomo-un voto’ venga distorto attraverso marchingegni che alterino la rappresentatività e la volontà degli elettori”.
Cosa che – aggiungo io – purtroppo accade in Italia, dove il principio costituzionale dell’uguaglianza nell’esercizio del diritto di voto è violato da un marchingegno elettorale che nelle elezioni politiche del 2022 ha attribuito il 59 per cento dei seggi con 44 per cento dei voti alla coalizione vincente alterando, appunto, la rappresentatività e la volontà degli elettori.
Citando ancora Bobbio, il Presidente ammonisce che “non si può ricorrere a semplificazioni di sistema o a restrizioni di diritti in nome del dovere di governare”. E spiega che parlare di una “democrazia della maggioranza”costituirebbe “una insanabile contraddizione”, per la confusione tra strumenti di governo e tutela effettiva dei diritti e delle libertà di tutti i cittadini.
Mattarella ha poi ricordato che la nostra Costituzione associa alla tutela dei diritti di libertà quella dei diritti nel campo economico e sociale, al fine di realizzare quella che Giuseppe Dossetti nell’Assemblea costituente chiamò “democrazia sostanziale”, nella prospettiva del “bene comune”, che non è “il bene pubblico nell’interesse della maggioranza, ma il bene di tutti e di ciascuno”.
Vale a dire che il Governo in carica non deve governare nell’interesse delle sue clientele elettorali, ma nell’interesse superiore di tutto il popolo italiano.
“Al cuore della democrazia – ha concluso Mattarella – vi sono le persone, le relazioni e le comunità a cui esse danno vita, le espressioni civili, sociali, economiche che sono frutto della loro libertà, delle loro aspirazioni, della loro umanità: questo è il cardine della nostra Costituzione. Questa chiave di volta della democrazia opera e sostiene la crescita di un Paese, compreso il funzionamento delle sue istituzioni, se al di là delle idee e degli interessi molteplici c’è la percezione di un modo di stare insieme e di un bene comune. Se non si cede alla ossessiva proclamazione di quel che contrappone, della rivalsa, della delegittimazione. Se l’universalità dei diritti non viene menomata da condizioni di squilibrio, se la solidarietà resta il tessuto connettivo di una economia sostenibile, se la partecipazione è viva, diffusa, consapevole del proprio valore e della propria necessità”.
Nicola Bruni