La Pax Romana e la Pace di Gesù

In quel tempo Cesare Augusto ordinò il censimento di tutti gli abitanti dell’impero…”, come riferisce l’evangelista Luca iniziando il racconto della nascita di Gesù. 

Molti di quegli abitanti erano schiavi, secondo l’eccelso diritto romano. E potevano essere ammazzati impunemente come bestie dai loro padroni. O potevano essere costretti ad ammazzarsi fra di loro (Mors tua vita mea), per il divertimento circense del Senatus Populusque Romanus

Comunque, in illo tempore, gli abitanti dell’impero si godevano finalmente la Pax Augusta, la pace imposta da Ottaviano Augusto con la forza delle armi, la soppressione della libertas repubblicana e il feroce assassinio di migliaia di avversari, parenti, amici, ex alleati e sospetti rivali. Una “pace cruenta”, come scrisse Tacito. Una “pace falsa” e “grondante di sangue”, come ricorda lo storico Antonio Spinosa nel libro “Augusto, il grande baro” dando “a Cesare quel che è di Cesare”.

“Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode”. 

Erode I, il Grande, era uno sporco collaborazionista, un despota sospettoso e sanguinario al quale i Romani concessero di compiere una serie di massacri, rievocati da Henry Daniel-Rops nella sua “Storia di Gesù”: non solo la famosa Strage degli innocenti, che si abbatté sui bambini di Betlemme e dintorni dai due anni in giù, ma anche lo sterminio dei propri familiari (fra i quali una moglie e tre figli), il rogo di quaranta giovani Giudei e, in prossimità della sua morte, l’eliminazione di tutti i notabili della comunità giudaica, commissionata dal tiranno “per avere meno lacrime sulla sua tomba”.

D’altra parte, le stragi degli innocenti erano, anche sotto il regime repubblicano dello SPQR, un normale instrumentum regni: qualcosa di paragonabile ai moderni bombardamenti che per distruggere il bersaglio colpiscono nel mucchio.

Lo storico Svetonio, per esempio, ci ha tramandato un racconto secondo cui il Senatus Romanus, poco prima della nascita di Augusto, allarmato da un presagio sulla venuta al mondo di un bambino che avrebbe regnato su Roma, aveva ordinato una strage di bebè del tutto analoga a quella perpetrata più tardi da Erode.

Poi, quando finalmente Erode tolse il disturbo, consentendo il ritorno dall’Egitto della Sacra Famiglia, suo figlio Archelao, succedutogli al trono, inaugurò il proprio regno mandando a morte tremila Giudei “ribelli”. 

Dunque, la nascita di Gesù non trovò né portò la pace nella terra di Palestina.

Ma allora quale “pace in terra” annunciarono gli angeli del Signore nella notte della Natività? 

La pace dell’anima, di chi è riconciliato con Dio e sa di essere amato da Lui nonostante i propri peccati: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi”, disse Gesù ai suoi discepoli. 

La pace interiore di chi è riconciliato con se stesso e con il prossimo, di chi è disposto a perdonare e chiedere perdono (“Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori”). 

La pace del cuore e della mente, fondata sulla fede nel messaggio di salvezza eterna portato da Gesù a tutti gli uomini e a tutte le donne (“Figlia, la tua fede ti ha salvata, va’ in pace”): anche ai ciechi, anche ai paralitici, anche ai lebbrosi (“Una cosa so: prima ero cieco e ora ci vedo”); anche alle prostitute, anche agli schiavi, anche ai condannati a morte (“In verità, ti dico, oggi sarai con me nel paradiso”); anche ai poveri, anche ai tribolati, anche agli oppressi, anche alle vittime innocenti delle stragi (“Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete”).

La salvezza promessa ai giusti della terra, e a tutti gli uomini e a tutte le donne di buona volontà: “Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia… Beati i misericordiosi… Beati gli operatori di pace…”.

La salvezza promessa ai generosi che hanno visto nel povero, nell’immigrato, nell’ammalato, nel carcerato il volto di Dio: “Venite, benedetti del Padre mio… perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi… Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.

Nicola Bruni

Nella foto, la mappa marmorea dell’Impero romano al tempo di Augusto, e della nascita di Gesù, esposta a Roma in Via dei Fori Imperiali.