È stato liberato, ufficialmente per un cavillo, e rimpatriato frettolosamente con un volo di Stato italiano a Tripoli (dove è stato accolto in trionfo come un eroe) il capo della polizia giudiziaria libica Najeem Osema Almasri Habish, detto Almastri, che era stato arrestato domenica 19 gennaio a Torino in esecuzione di un mandato della Corte penale internazionale dell’Aia.
L’uomo, considerato un efferato torturatore di migranti e profughi arbitrariamente detenuti nel carcere di Mitiga, accusato anche di numerosi omicidi, stupri, rapimenti, riduzione in schiavitù e partecipazione diretta a crimini di guerra, sarebbe stato espulso “per un errore procedurale”.
Prima di lui, erano stati espulsi e rimpatriati tre suoi compagni di viaggio libici che erano andati a vedere come tifosi juventini la partita Juve-Milan.
La versione ufficiale è che l’errore procedurale sarebbe dovuto “all’irritualità dell’arresto in quanto non preceduto dalle interlocuzioni con il ministro della Giustizia, titolare dei rapporti con la Corte penale internazionale”. Prima della scarcerazione di Almasri, il ministro della Giustizia Carlo Nordio aveva fatto sapere che stava valutando l’invio degli atti alla procura generale di Roma, un adempimento non discrezionale ma dovuto secondo la legge che il ministro ha omesso.
In sostanza, il governo italiano ha disconosciuto l’autorità della Corte penale dell’Aia, in violazione del Trattato di Roma del 1998.
In realtà, come hanno ammesso esponenti del centrodestra, la liberazione di quel pericoloso criminale è stata decisa (dalla presidente del Consiglio Meloni) per scongiurare una ritorsione della “mafia libica”, la quale avrebbe potuto aprire i lager finanziati dal governo italiano e lasciar partire per l’Italia migliaia di migranti che vi sono detenuti in condizioni disumane e in un clima di terrore con richieste estorsive di riscatto.
La vicenda ha come retroscena gli accordi segreti tra il governo italiano e le “autorità libiche”, che prevedono un flusso di denaro e di risorse materiali dall’Italia e dall’Europa in cambio del fermo violento di migranti e profughi, gestito da milizie armate senza scrupoli. Il contrario della “lotta ai trafficanti di esseri umani” proclamata dalla propaganda governativa.
Ne consegue che il governo italiano è il mandante delle detenzioni illegali di migranti in Libia e complice delle torture a scopo di estorsione che i carcerieri trafficanti compiono ai loro danni.
Nicola Bruni
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Nella foto, profughi africani imprigionati in un carcere-lager libico.