Frequentavo la prima media a Roma quando a casa mia arrivò finalmente la radio, un apparecchio di grosse dimensioni che fu collocato su un tavolinetto nella camera da pranzo. Lo aveva acquistato papà all’inizio del 1953. Non c’era ancora la tv in Italia.
Prima di allora avevo potuto ascoltare trasmissioni radiofoniche solo di tanto in tanto in casa di Lillino, quando andavo a giocare con lui, al settimo piano del mio palazzo.
In compenso, a intrattenere piacevolmente noi figli piccoli con racconti avvincenti e canzoni orecchiabili c’era la mamma, che aveva una bella voce intonata e fungeva praticamente da “Radio Stella”.
Ora, mi sono tornati in mente questi brani da lei cantati:
“Siam piccoli italiani, della Patria figlioletti [invece di figli eletti], siam la forza del domani, siam piccoli italiani”.
“Faccetta nera, bell’abissina, aspetta e spera che già l’ora si avvicina. Quando staremo vicino a te, noi ti daremo un’altra legge e un altro Re”.
“Viva i pompieri di Viggiù, che quando passano i cuori infiammano. Viva i pennacchi rossi e blu, viva le pompe dei pompieri di Viggiù”.
“Era alto così, era grosso così. Lo chiamavan Bombolo. Si provò di ballar, cominciò a traballar, fece un capitombolo”.
“Il Re del Portogallo volea ballar la samba, ma essendo poco in gamba cadendo si ferì”.
“Vivere, senza malinconia. Vivere, senza più gelosia. Vivere, finché c’è gioventù, perché la vita è bella, la voglio vivere sempre più”.
Tra le “favolette” che ci raccontava la mamma c’erano le divertenti avventure di Giufà. Ricordo, in particolare, quella della luna, che Giufà vide sprofondata in un pozzo. Lui cercò di tirarla su con un secchio legato ad una corda. Il secchio si incagliò. A forza di tirare, la corda si spezzò, e Giufà cadde disteso a terra. Da quella posizione vide la luna tornata in cielo ed esclamò: “Ho fatto una grossa faticata, ma in compenso ho salvato la luna dall’annegamento”.
Nicola Bruni
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Nella foto del 1948, mamma Stella con i figli Antonio (in braccio), Nico e Mariuccia.