Il termine “retorica” viene usato con due significati, uno positivo e uno negativo. Nel primo caso, indica l’arte del parlare o dello scrivere in maniera eloquente, espressiva e persuasiva, una vera e propria disciplina che veniva insegnata fin dall’antichità greco-romana da maestri di retorica, ad uso precipuo di politici, avvocati e predicatori.
Nel secondo caso, bolla un modo artificioso di esprimersi che si serve di parole altisonanti o magniloquenti ma vuote di contenuto e sostanzialmente false. Come, per esempio, nell’Inno di Mameli: “Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta, dell’elmo di Scipio s’è cinta la testa. Dov’è la Vittoria? Che porga la chioma, ché schiava di Roma Iddio la creò. Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte, l’Italia chiamò”.
Dell’antica disciplina, si conserva oggi nella scuola l’insegnamento delle “figure retoriche” (ornamenti del discorso). Vediamone alcune.
EUFEMISMO (sostituzione di una parola sgradevole): “La buonanima” per il morto.
LITOTE (concetto espresso con la negazione del contrario): “Non sto bene”, anziché “Sto male”.
IRONIA (dare alle parole il significato opposto): “Che bella giornata!”, quando piove.
METAFORA (concetto espresso con un’immagine): “È un coniglio”, anziché “È pauroso come un coniglio”.
SIMILITUDINE (quando si fa un paragone): “Come un falco che piomba sulla preda”.
ALLEGORIA (descrizione o narrazione con un significato nascosto, allusivo o simbolico): l’incontro di Dante nell’Inferno con le tre “fiere” (belve), che simboleggiano i suoi peccati.
IPERBOLE (esagerazione, per eccesso o per difetto): “Ho mangiato una montagna di dolci”, “Ho bevuto un goccio d’acqua”.
RETICENZA (si finge di non voler dire una cosa): “Non ti dico quanto mi sono divertito”.
DOMANDA RETORICA (finta domanda): “Ma che siamo matti?”, anziché “Non siamo matti”.
SINEDDOCHE (si indica la parte per il tutto, il contenente per il contenuto, la causa per l’effetto, l’autore per l’opera, il singolare per il plurale, e simili): “Navigare a vela”, anziché con una barca a vela; “Bere un bicchiere di vino”, anziché il vino di un bicchiere; “Leggere Dante” anziché la Divina Commedia; “Lo straniero”, anziché gli stranieri.
METONIMIA (si attribuisce a una parola un significato più ampio): “Il focolare” per la casa, “Il ferro” per la spada.
OSSIMORO (accostamento di due termini contraddittori): “Un silenzio assordante”.
Nicola Bruni