Il finestrino magico

Era il 21 agosto 1959. Avevo 17 anni e stavo tornando a Roma sulla Via Aurelia da un viaggio in autostop fino a Saint Tropez sulla Costa Azzurra.

Partito al mattino, zaino in spalla, dall’ostello della gioventù di Lerici in Liguria, con una serie di brevi passaggi ero arrivato nel tardo pomeriggio nei pressi di Cecina, a sud di Livorno. Lì dovetti aspettare a lungo, perché in risposta al mio pollice alzato non si fermava nessuno. 

Finalmente, all’imbrunire, si accostò davanti a me una lunga automobile scura, guidata da un distinto signore sulla cinquantina. 

Rimasi colpito nel vedere che il vetro del finestrino anteriore destro si abbassava automaticamente, senza essere azionato da una manovella. Non avevo mai assistito ad un prodigio del genere, che mi ricordava il magico aprirsi di una caverna comandato dalle parole “Apriti Sesamo” in un racconto di Alì Babà.

Quella macchina era una Chevrolet targata TO, e il suo proprietario, un industriale torinese, per mia fortuna era diretto proprio a Roma. Mi accolse affabilmente. Si fece raccontare l’avventura del mio viaggio e mi offrì la cena in un ristorante lungo il percorso, a Grosseto. 

Infine, arrivati a destinazione dopo la mezzanotte, mi accompagnò a casa, in Via Concordia, dove feci alzare dal letto i miei genitori, che non erano avvertiti del mio arrivo. Non avevano ancora ricevuto l’ultima mia cartolina.

Nicola Bruni