La trottola

e altri giochi poveri dei bambini nel dopoguerra

I giochi che facevo prevalentemente da bambino a Roma, negli anni del dopoguerra, erano quelli con le “lattine” (tappi delle bibite), con la palla e con biglie di vetro. 

Oltre a questi, ce n’erano altri che noi maschi praticavamo con giocattoli poveri, come la trottola, il cerchio, le bocce, i birilli, l’altalena, il salto con la corda. O con giocattoli autoprodotti, come cerbottana e fionda, barchette e aeroplanini di carta. O senza l’impiego di alcun giocattolo: girotondo, gare di corsa, nascondino, mosca cieca, acchiapparella, le belle statuine, quattro cantoni, braccio di ferro, pari o dispari, morra, battimani, impilamento delle mani, salto della cavallina, monta la luna. 

Ricordo, inoltre, un gioco di abilità che si faceva scagliando un sassolino piatto in uno specchio d’acqua in modo che rimbalzasse; la gara di corsa con le gambe infilate in un sacco che vinsi all’oratorio; l’automobilina costruita da un mio compagno con tavolette di legno e cuscinetti a sfera come ruote, con la quale mi lanciavo senza freni nella discesa di Via della Navicella a Roma. 

Un altro gioco spericolato al quale mi dedicavo fin dall’età di undici anni era quello di attaccarmi al tram (superaffollato), viaggiando da Via Gallia con i piedi sul predellino e le mani ad una barra di sostegno, per andare alla scuola media Pascoli nei pressi del Colosseo e non pagare il biglietto. Era, ogni mattina, un’avventura divertente.

Nicola Bruni

Nella foto, la trottola di legno con cui giocavo da bambino. Le avvolgevo attorno uno spago e poi la lanciavo sul pavimento per farla girare.